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Correlazioni in Medicina



Più alto indice di massa corporea correlato a più bassa mortalità nei pazienti con fibrillazione atriale


Una analisi dei pazienti del Registro ORBIT-AF ha evidenziato un effetto paradosso dell'obesità nei pazienti con fibrillazione atriale prevalente.
E’ stato trovato che i pazienti con un maggior indice di massa corporea ( BMI ) presentavano un minor rischio di mortalità, indipendentemente da altri fattori di rischio, anche se i pazienti con più elevato indice BMI tendevano a essere più giovani rispetto ai pazienti con più basso indice di massa corporea.

Un totale di 9.606 pazienti ( di cui il 42% era di sesso femminile ) iscritti nel Registro ORBIT-AF nel periodo 2010-2011 sono stati stratificati in cinque categorie BMI: normopeso, sovrappeso, obesi classe I, obesi classe II e obesi classe III.
Il 78% dei pazienti era in sovrappeso o obesi.

E’ stata valutata l'associazione tra indice BMI e gli esiti clinici, compresa la mortalità, durante una mediana di 2 anni di follow-up.

Rispetto a quelli con più basso indice di massa corporea, i pazienti con più alto indice BMI erano più giovani e presentavano un più alto tasso di diabete mellito, ipertensione e apnea ostruttiva del sonno.
Coloro che avevano un più alto indice di massa corporea avevano una maggiore probabilità di far uso di anticoagulanti e di strategie terapeutiche per il controllo del ritmo rispetto a quelli con più basso indice di massa corporea.

I tassi di mortalità per tutte le cause durante il follow-up sono diminuiti in modo quasi lineare con l'aumento dell’indice BMI ( gruppo normopeso, 8.28 per 100 anni-paziente; gruppo di obesi classe III, 3.81 per 100 anni-paziente ).

Dopo aggiustamento multivariato, il più alto indice di massa corporea è risultato associato a un più basso rischio di mortalità; il gruppo con il più basso rischio è stato quello degli obesi di classe I ( hazard ratio [ HR ] rispetto a peso normale = 0.65 ).

E’ emerso che il rischio di mortalità era del 7% per ogni aumento di indice BMI di 5 kg/m2 ( HR=0.93 ).

L’indice BMI non era associato con altri esiti clinici, come scompenso cardiaco di nuova insorgenza, progressione di fibrillazione atriale, prima ospedalizzazione per cause cardiovascolari e prima ospedalizzazione per sanguinamento.

Una analisi non-aggiustata ha mostrato che il più alto indice BMI era associato a un più basso rischio di ictus, attacco ischemico transitorio ( TIA ) o embolia non a livello del centrale del sistema nervoso ( HR per gli obesi di classe III rispetto a normopeso = 0.38 ), ma l'associazione è venuta meno quando l’aggiustamento ha coinvolto altri fattori di rischio.

Questo paradosso è stato spiegato con il fatto che, mentre i pazienti obesi sviluppano fibrillazione atriale a causa di una maggiore dimensione dell'atrio sinistro, i pazienti normopeso con fibrillazione atriale hanno un substrato fisiopatologico diverso, che potrebbe essere associato a una prognosi meno favorevole.
Inoltre, i pazienti in sovrappeso e obesi hanno dimostrato di avere aumenti inferiori della renina e dell’angiotensina a livello plasmatico in risposta allo stress; questo può tradursi in un miglioramento degli esiti. ( Xagena2016 )

Fonte: JACC Clinical Electrophysiology, 2016

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